Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio.

Jorge Luis Borges

lunedì 1 luglio 2013

PARLIAMO CON...MATTEO BOSIO - TORINO FC

TREDICESIMA PUNTATA DELLA RUBRICA "PARLIAMO CON..."
5 DOMANDE SARANNO POSTE AD ADDETTI AI LAVORI ED ESPERTI DEL CALCIO GIOVANILE SIA NEI MEDIA, SIA NEI SETTORI TECNICI.
L'intervista è dedicata a Matteo Bosio - Soccer School Technical Director Torino FC. Un prezioso contributo da una delle più importanti realtà italiane

FC: Da quanto tempo alleni e raccontaci un breve profilo sportivo-biografico?
MB: Ho iniziato ad allenare a 17 anni in una società dilettantistica nella categoria Primi Calci, per poi esser subito "lanciato nella mischia" l'anno seguente seguendo un gruppo di Pulcini. Questa esperienza, durata altri 4 anni con diversi gruppi, a mio avviso è stata fondamentale sia dal punto di vista gestionale (rapporto con le famiglie ed una società poco strutturata) sia dal punto di vista tecnico (dovendo lavorare con bimbi alla prima esperienza e con spesso con importanti lacune tecnico-motorie). Dal 2005/2006 sono entrato nei Primi Calci del Torino FC nel quale ho svolto nell’ordine il ruolo di istruttore, responsabile tecnico di annata ed infine responsabile tecnico dell'intera categoria e responsabile di un camp estivo. Essendo entrato in società in un momento particolarmente difficile, fallimento dell'estate 2005, ho assistito e partecipato attivamente alla ricostruzione delle giovanili e dei Primi Calci. In particolar modo quest'ultima categoria (che tra l’altro venne creata nel 1986 al Torino Calcio grazie ad un'idea del maestro Vatta e solo successivamente ripresa dalla FIGC) ha visto una crescita esponenziale sotto tutti i punti di vista, grazie al grandissimo lavoro svolto insieme al Prof. Davide Cravero, sotto la supervisione del responsabile Scuola calcio Silvano Benedetti, il tutto basato su di un “semplice” obiettivo: la crescita calcistica fondata sul divertimento dei bambini. Insieme si è riusciti così a creare un movimento che ormai a Torino è diventato punto di riferimento dal punto di vista organizzativo (quasi 300 iscritti all'anno suddivisi in 3 impianti), tecnico (basti pensare al fatto che, negli ultimi anni, le squadre selezionate nella categoria pulcini sono composte all'80%in media da bimbi cresciuti in "casa") e formativo (con eventi extra calcistici pensati per i bimbi, un progetto formativo in partenza per bimbi e famiglie affidato ad Anna Parolini ed una formazione continua dello staff tecnico, formato da laureati/laureandi/tirocinanti SUISM) e che continua ancor oggi a crescere ed espandersi.
FC: Come trovi stia cambiando il mondo del calcio giovanile? Sia tra le società dilettantistiche che nei palcoscenici professionistici?
MB: I cambiamenti degli ultimi tempi a mio parere non son di certo molto positivi in entrambi gli ambiti: la mancanza di progettualità, di investimenti a lungo termine e soprattutto una cultura sportiva italiana basata essenzialmente sul risultato immediato, hanno portato senz’altro ad un abbassamento qualitativo calcistico ed ad una troppo lenta innovazione rispetto ai cambiamenti sociali di oggi. Dal punto di vista professionistico, a parte poche eccezioni, pochi sono gli investimenti per i settori giovanili, preferendo ancora dirottarli per le prime squadre. Penso comunque che ci dovrà essere una forte inversione di tendenza, nella quale le società, in primis quelle di seconda fascia, che in realtà in alcuni casi già iniziano a farlo, viste le difficoltà economiche crescenti, saranno costrette ad investire principalmente in risorse cresciute in casa e/o un accurato lavoro di scouting, portando di conseguenza ad un lavoro più accurato nei settori giovanili. Dal punto di vista dilettantistico (in Piemonte ad esempio) sicuramente il problema si acuisce ulteriormente, abbassando ulteriormente il livello qualitativo del lavoro tecnico e spesso, a causa della cultura del risultato, perdendo lo spirito di aggregazione che dovrebbe caratterizzare il mondo dilettantistico. Come soluzione a questi problemi ritengo possano avere ruoli decisivi la FIGC e l’AIAC, intervenendo con regolamenti appropriati, formazione e soprattutto un controllo capillare sul territorio.
FC: Tecnica, tattica, preparazione fisica e motivazione. Tra quali di questi settori trovi che ci siano più margini di crescita? 
MB: In questo caso rispondo per quanto riguarda la categoria di cui mi occupo, e ritengo vi sia ancora tanta strada da fare per quanto riguarda la preparazione fisica (intesa in questo ambito principalmente come sviluppo delle capacità coordinative) e l’aspetto motivazionale (e più in generale sul delicato rapporto bimbo-famiglia). Purtroppo inoltre, essendo considerata tra gli addetti ai lavori, una categoria “di passaggio”, se non addirittura una categoria con poca importanza, trovo che su tutti gli aspetti vi sia un bassissimo livello qualitativo, che porta di conseguenza ad enormi margini di crescita e di studio.
FC: Quanto sono importanti i tornei e quali altri metodologie di confronto ritieni opportuno sviluppare nel settore ? Convegni tra i tecnici, camp all'estero o altro?
MB: Penso che il confronto sia alla base di tutto e solo grazie ad esso si possa crescere individualmente e come movimento. Personalmente cerco di partecipare a convegni e riunioni di aggiornamento il più possibile ma trovo che il confronto migliore sia quello su campo. La possibilità di osservare il lavoro altrui direttamente (se non ancor meglio collaborare) e poi, successivamente ad esso, potersi confrontare su ciò che più ha colpito od interessa sia la cosa migliore. Proprio perché in questo modo ogni persona, avendo un diverso bagaglio di esperienze e diversi interessi, può ricavare informazioni più a sua immagine e somiglianza.
FC: Guardando in Italia quali altri settori giovanili ritieni all'avanguardia e perché? All'estero invece?
MB: Innanzitutto sottolineo il fatto che sia importante prender spunto dalle altre società, ma non bisogna mai pensare di trovar soluzioni o modelli definitivi, visto che è impossibile proporre soluzioni ed impostazioni simili in realtà differenti. Fatta questa premessa trovo vi siano alcuni modelli di riferimento e di stimolo per quanto mi riguarda. In primis un modello di valori ed attaccamento alla società risulta essere sicuramente l’AS Varese con il responsabile scuola calcio Marco Caccianiga, società con la quale abbiamo instaurato un legame importante e proficuo per entrambe le società. L’unità, l’umiltà ed il rispetto della persona e dei bimbi che si possono trovare al Varese sono veramente incredibili. Altre realtà di certo importanti sono Atalanta, Chievo ed Empoli che da anni investono con ottimi risultati sulle loro giovanili. Dell’estero invece, riprendendo il discorso delle domande precedenti, trovo sia molto d’esempio la cultura inglese, nella quale impegno, passione, appartenenza ed umiltà stanno alla base del loro movimento calcistico. Ricordo a tal proposito il racconto di Federico Macheda, in un’intervista, del suo arrivo a Manchester da poco diciottenne.Appena sceso dall’aereo col padre trovo nientemeno Ryan Giggs ad attenderlo come benvenuto e per iniziare a spiegargli cos’era il Manchester United...